
“Ella saprà con piacere ch’io ho studiato a Bologna dove fui laureato nel 1889. Ebbi dunque a maestro il Carducci. Questo dico, giacché tutto quel poco di buono che può essere nei miei studi letterari, riconosco da Lui”.
Foresti fa il proprio ingresso ufficiale nel mondo delle lettere iscrivendosi all’Università di Bologna dove incontra il maestro Carducci che subito lo premia con un rarissimo trenta e lode in un esame di letteratura italiana. Frequenta la scuola di magistero diretta dal noto professore e nel giugno 1886 gli sottopone lo “Studio intorno al concetto del demonio e alla parte sua nella letteratura e nell’arte medioevale, segnatamente nella Divina Commedia”. Con il suo aiuto lavora poi alla tesi di laurea “Come deve leggersi il verso 42, canto I della Divina Commedia”, con cui affronta un tema ricorrente nelle esercitazioni di critica testuale.
Carducci nutre per l'allievo una profonda stima tanto da chiamarlo il suo “Arnaldo da Brescia” e offrirgli l'opportunità di fermarsi ad assisterlo negli impegni didattici. Ma Foresti, conseguito il dottorato, ritorna nella città bresciana. Nonostante la separazione non perde mai i contatti con il professore che lo indirizza in alcune ricerche e lo aiuta nei momenti di difficoltà. A ulteriore conferma del profondo e indissolubile legame che lo unisce al poeta, quarant’anni dopo la laurea, pone in apertura dei suoi Aneddoti la dedica: “Alla memoria del grande maestro la cui fiamma passò sulla mia giovinezza”. Come vediamo, lungo tutto l’itinerario professionale e culturale del Foresti, si distende l’ombra del Maestro, per lui sommo modello e fonte di insegnamenti di cui fa tesoro per tutta la vita.